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23.000 euro di contributi pubblici e casa ITEA, ma non vivevano in Italia

14 novembre 2018
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La Provincia di Trento sostiene le famiglie in condizioni di necessità con contributi che possono riguardare la concessione di un alloggio a condizioni agevolate (tramite l’ITEA – Istituto Trentino Edilizia Abitativa) o sussidi economici (come l’assegno regionale). Può succedere però che qualcuno tenti di approfittarsene, dichiarando il falso sulla composizione del nucleo famigliare o sulla propria situazione patrimoniale.
È successo lo scorso anno con una famiglia di origine marocchina, da tempo ufficialmente residente in un sobborgo a nord di Trento. Secondo le indagini dell’Ufficio accertatori della Polizia Locale di Trento – Monte Bondone avrebbero percepito indebitamente quasi 23.000 euro di contributi pubblici, oltre all’alloggio ITEA in cui vivevano. Infatti solo 3 dei 7 componenti dichiarati abitavano stabilmente in Italia, mentre gli altri, passaporto alla mano, risultavano trasferiti da oltre un anno e mezzo in Marocco.
La dimora abituale è requisito necessario per l’assegnazione dell’alloggio pubblico e dei contributi assistenziali. La normativa prevede inoltre che i trasferimenti temporanei che superano i trenta giorni vadano comunicati tempestivamente all’istituto che eroga il contributo, pena il decadimento dal diritto.
Le indagini sono partite la primavera dello scorso anno, su richiesta dell'ITEA e dell'Ufficio Anagrafe del Comune di Trento. La famiglia in questione non era beneficiaria però solo dell’alloggio pubblico, ma anche di una serie di altri contributi: assegno regionale al nucleo familiare, prestazioni economiche a favore degli invalidi civili, ciechi e sordomuti e assegno di cura. Sommando tutte queste voci il totale raggiunge i 22.872 euro, tutti percepiti indebitamente nel corso degli anni.
Non solo: non corrispondeva al vero neppure quanto dichiarato in relazione alla superficie dell’appartamento occupato, che risultava inferiore alla realtà e garantiva alla famiglia un punteggio maggiore nell’assegnazione del contributo. Insomma, tutto era studiato accuratamente per sfruttare il più possibile (e in modo illecito) le agevolazioni per le famiglie numerose.
Già nei mesi scorsi, l'Agenzia provinciale per l'assistenza e la previdenza integrativa si era però attivata e aveva provveduto a sospendere in via cautelativa il versamento dei contributi. Lo scorso agosto, poi, il Giudice per le Indagini Preliminari – su richiesta del Pubblico Ministero – ha disposto il sequestro preventivo di beni e proprietà dell’indagato, fino a un ammontare pari alla somma contestata. A lui e alla moglie sono risultati intestati sei conti correnti, su cui venivano accreditati i contributi ma anche gli emolumenti da attività professionali.
Questa vicenda dimostra che, per funzionare, il sistema dei contributi pubblici necessita di controlli costanti e regolari. Solo in questo modo è possibile prevenire abusi e falsificazioni e distribuire le risorse disponibili soltanto fra chi ne ha realmente diritto.